1 novembre 2011

Stazione trasmittente di Poldhu

La riproduzione in formato ridotto della stazione trasmittente di Poldhu qui presentata si compone di sei distinti moduli: quadro di comando, trasformatore, reattanze induttive di protezione del trasformatore, condensatore, spinterometro e jigger. Ma prima di addentrarci nella minuta descrizione di ogni singolo modulo, è opportuno tornare con la memoria ad oltre un secolo fa e rievocare brevemente quell’evento che cambiò per sempre la storia delle telecomunicazioni.

A Poldhu, cittadina inglese situata nei pressi di Capo Lizard, estrema punta della penisola della Cornovaglia, Guglielmo Marconi amava fare lunghe passeggiate sul pianoro della scogliera vicino al Poldhu Hotel, con lo sguardo rivolto a quella sterminata distesa di mare rappresentata dall’oceano Atlantico. Chiudeva gli occhi e immaginava le coste del continente nord-americano, distanti più di tremila chilometri. Così si ravvivava in lui sempre di più l’idea di sorvolare con le onde elettromagnetiche quell’enorme distesa di oceano, per dimostrare che “le trasmissioni radiotelegrafiche sarebbero state possibili attraverso le più grandi distanze”.

Quadro di comando

A questo scopo, Marconi fece costruire due potenti stazioni radiotelegrafiche: una, trasmittente, a Poldhu e l’altra, ricevente, nella località di South Wellfeet, nei pressi di Cape Cod, nel Massachussets. La stazione di Poldhu fu progettata dal professore John Ambrose Fleming per conto della Società Marconi di Londra, mentre quella di Cape Cod fu realizzata dall’ingegnere R.N. Vyvyan, stretto collaboratore di Marconi. Particolare attenzione fu posta alla costruzione dell’antenna di Poldhu. Questa era costituita da venti piloni di legno, alti 60 metri, infissi nel terreno e disposti lungo una circonferenza di 66 metri di diametro. Questi alti pali, sconsigliati dai collaboratori di Marconi, sostentavano ben 400 cavi, che convergevano, con la forma di un cono rovesciato, in un solo punto, posto al centro della circonferenza e collegato al trasmettitore. La costruzione di queste due stazioni, per le quali Marconi mise a rischio un’ingentissima somma di denaro, fu completata nell’agosto dell’anno 1901. Senonchè, il 17 settembre 1901, una bufera danneggiò gravemente il padiglione aereo della stazione inglese e poche settimane dopo un ciclone distrusse totalmente le antenne della stazione di Cape Cod.

Trasformatore 220 V - 9000 V

Questi eventi, per quanto gravissimi, non distolsero lo spirito pionieristico di Marconi, ma lo indussero a riesaminare i suoi progetti, pensando, per la stazione inglese, ad un aereo più semplice ed escogitando, per la costa nord-americana, una stazione ricevente provvisoria nella quale l’antenna sarebbe stata costituita da un semplice filo aereo sollevato da un pallone o da un cervo volante. Come ubicazione della stazione ricevente la scelta cadde sulla collina sovrastante l’imboccatura del porto di San Giovanni di Terranova in Canada. La nuova antenna di Poldhu era costituita da due piloni di legno infissi nel terreno, alti 45 metri e distanti 50 metri. Essi sostentavano un cavo orizzontale dal quale pendevano cinquantacinque fili ben tesi che convergevano in basso in unico punto formando un ventaglio. L’antenna di terra era costituita da fili di rame sepolti sotto un strato di terreno spesso circa 60 centimetri e cosparso in superfice con polvere di zinco, per aumentare l’efficacia della dispersione. La stazione di Poldhu era un vero vulcano di energia. Infatti essa era alimentata da un potente alternatore che, a sua volta, alimentava un trasformatore, il cui secondario ad alta tensione caricava una batteria di condensatori cilindrici a dielettrici di vetro, la cui scarica, attraverso lo spinterometro e il jigger, permetteva di condurre all’antenna aerea le correnti oscillanti ad alta frequenza, consentendo così l’irraggiamento delle onde elettromagnetiche. La potenza della stazione era di circa 15 kW e la lunghezza d’onda di circa 1800 metri. Dopo aver controllato per l’ultima volta gli apparati di Poldhu, Marconi, ai primi di dicembre 1901, sbarcò a San Giovanni di Terranova e in poco tempo allestì una stazione ricevente provvisoria costituita dal semplice coherer a limatura di nichel e argento.

Reattanze induttive di protezione del trasformatore

Tutto era pronto ormai per tentare il volo delle onde elettromagnetiche sull’Atlantico, impresa stimata impossibile dai più grandi fisici dell’epoca, che ritenevano l’ostacolo della curvatura terrestre insormontabile, a meno che Marconi non avesse utilizzato per la stazione ricevente un’antenna alta più di 1 chilometro. Marconi, però, attento osservatore, pure in grande trepidazione per la riuscita dell’esperimento, conservava in cuor suo un segreto: durante gli esperimenti effettuati nel golfo di La Spezia nel luglio 1897, stando sulla nave San Martino, dove era ubicata la stazione ricevente, il suo coherer aveva continuato a ricevere i segnali, pur essendo la nave andata sotto l’orizzonte marino in modo da non poter più vedere la stazione trasmittente sull’arsenale.

Condensatore

La mattina del 12 dicembre 1901 tutto era pronto. Gli assistenti, in Inghilterra, avevano l’ordine di trasmettere una serie ripetuta di lettere “S” dell’ alfabeto Morse ad una determinata velocità, durante certe ore prestabilite. In quel mattino gelido, sulla collina sovrastante l’imboccatura del porto di San Giovanni di Terranova, nonostante un fortissimo vento, gli assistenti di Marconi riuscirono, dopo molti tentativi, a sollevare un cervo volante, che portava un’estremità del filo di rame dell’antenna ad un’altezza di 120 metri. Marconi e i suoi assistenti, trepidanti, guardavano l’apparato ricevente, in particolare la macchina Morse, ma i segnali erano confusi; allora Marconi sostituì il suo coherer a polveri metalliche di nichel e argento con il coherer a goccia di mercurio, costruito negli arsenali della Regia Marina e consegnatogli dal marchese Luigi Solari, suo fraterno amico, a Poole, poco prima dell'imbarco per San Giovanni di Terranova. Si trattava di un tipo di coherer autodecoherizzante che non era in grado di azionare la macchina Morse, ma che permetteva di ascoltare in un telefono sensibile i segnali Morse.

Spinterometro

Alle ore 12,30 del 12 dicembre 1901 l’orologio della vera storia segnò l’istante d’inizio di una conquista umana che avrebbe inciso profondamente nello sviluppo della civiltà dei popoli. Così ricorderà l’avvenimento lo stesso Marconi in un discorso del 1932: “Alle ore 12,30, mentre ero in ascolto al telefono del ricevitore, ecco giungere al mio orecchio, debolmente ma con tale chiarezza da non lasciare adito a dubbi, una successione ritmica di tre punti corrispondenti alla lettera ‘S’ dell’alfabeto Morse, i segnali, cioè, che secondo gli ordini da me impartiti venivano lanciati nello spazio dalla stazione di Poldhu, sull’altra sponda dell’oceano. Era nata in quel momento la radiotelegrafia a grande distanza. La distanza di oltre 3000 km, che sembrava allora enorme per la radio, era stata superata, nonostante il presunto ostacolo della curvatura terrestre, che tutti ritenevano insormontabile”.
Tutti i sogni del pioniere, cominciati nella stanza dei bachi all’età di venti anni, proseguiti per sette anni in mezzo a grandi difficoltà, incomprensioni, tenace lavoro, sacrifici, ansie, trepidazioni, scoraggiamenti e fiducia in se stesso, diventavano realtà tangibile. Non mancarono certo gli scettici: tra questi il noto fisico inglese Oliver Lodge, il quale insinuò l’ipotesi che i segnali captati da Marconi a San Giovanni potessero corrispondere a scariche temporalesche. Ma il futuro è cosa ben nota a tutti.

Jigger

Nell’anno 1902 la stazione di Poldhu fu collegata ad un’altra potentissima stazione trasmittente, quella di Table Head, nei pressi di Glace Bay, sempre in Canada. Infine nell’anno 1933 la stazione ultrapotente di Poldhu fu smantellata e, a suo ricordo, fu eretta una stele di granito.

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