11 novembre 2011

Stazione ricevente di San Giovanni di Terranova

Per il collegamento transoceanico dell’anno 1901 Marconi, in un primo momento, fece costruire la stazione ricevente nella località di South Wellfeet, nei pressi di Cape Cod nel Massachusset. Essa fu realizzata dall’ingegnere R.N. Vyvyan, suo stretto collaboratore, ma, alla fine di settembre dello stesso anno, un ciclone distrusse totalmente le sue antenne.


Questo evento indusse Marconi a riesaminare i suoi progetti, escogitando, per la cost nord-americana, una stazione ricevente provvisoria nella quale l’antenna sarebbe stata costituita da un semplice filo aereo sollevato in alto da un pallone o da un cervo volante. Come ubicazione di questa nuova stazione la scelta cadde sulla collina sovrastante l’imboccatura del porto di San Giovanni di Terranova in Canada, l’ormai celebre “Signal Hill”.


Ai primi di dicembre dell’anno 1901, Marconi, appena ventisettenne, s’imbarcò sul piroscafo Sardinia, diretto a San Giovanni di Terranova. Lì giunto, in poco tempo allestì la stazione ricevente provvisoria, costituita dal semplice coherer a limatura di nichel e argento, sotto vuoto, qualche bobina, qualche condensatore e la macchina Morse.


Tutto era pronto ormai per tentare il volo delle onde elettromagnetiche sull’Atlantico, impresa stimata impossibile dai più grandi fisici dell’epoca, che ritenevano l’ostacolo della curvatura terrestre insormontabile, a meno che Marconi non avesse utilizzato per la stazione ricevente un’antenna alta più di 1 chilometro. Marconi, però, attento osservatore, pure in grande trepidazione per la riuscita dell’esperimento, conservava in cuor suo un segreto: durante gli esperimenti effettuati nel golfo di La Spezia nel luglio 1897, stando sulla nave San Martino, dove era ubicata la stazione ricevente, il suo coherer aveva continuato a ricevere i segnali, pur essendo la nave andata sotto l’orizzonte marino in modo da non poter più vedere la stazione trasmittente sull’arsenale.

In evidenza la lampadina per il controllo visivo della corrente

La mattina del 12 dicembre 1901 tutto era pronto. Gli assistenti, in Inghilterra, avevano l’ordine di trasmettere una serie ripetuta di lettere “S” dell’alfabeto Morse ad una determinata velocità, durante certe ore prestabilite. In quel mattino gelido, sulla collina sovrastante l’imboccatura del porto di San Giovanni di Terranova, nonostante un fortissimo vento, gli assistenti di Marconi riuscirono, dopo molti tentativi, a sollevare un cervo volante, che portava un’estremità del filo di rame dell’antenna ad un’altezza di 120 metri.


Marconi e i suoi assistenti, trepidanti, guardavano l’apparato ricevente, in particolare la macchina Morse, ma i segnali erano confusi; allora Marconi sostituì il suo coherer a polveri metalliche di nichel e argento con il coherer a goccia di mercurio, costruito negli arsenali della Regia Marina e consegnatogli a Poole, poco prima dell'imbarco, dal marchese Luigi Solari, suo amico fraterno. Si trattava di un tipo di coherer autodecoherizzante, che non era in grado di azionare la macchina Morse, ma permetteva di ascoltare in un telefono sensibile i segnali Morse.


Alle ore 12,30 del 12 dicembre 1901 l’orologio della vera storia segnò l’istante d’inizio di una conquista umana che avrebbe inciso profondamente nello sviluppo della civiltà dei popoli. Così ricorderà l’avvenimento lo stesso Marconi in un discorso del 1932: “Alle ore 12,30, mentre ero in ascolto al telefono del ricevitore, ecco giungere al mio orecchio, debolmente ma con tale chiarezza da non lasciare adito a dubbi, una successione ritmica di tre punti corrispondenti alla lettera ‘S’ dell’alfabeto Morse, i segnali, cioè, che secondo gli ordini da me impartiti venivano lanciati nello spazio dalla stazione di Poldhu, sull’altra sponda dell’oceano. Era nata in quel momento la radiotelegrafia a grande distanza. La distanza di oltre 3000 km, che sembrava allora enorme per la radio, era stata superata, nonostante il presunto ostacolo della curvatura terrestre, che tutti ritenevano insormontabile”.

Coherer a goccia di mercurio tra cilindretti di carbone

A proposito del coherer a goccia di mercurio utilizzato a Signal Hill, il marchese Solari, nella sua celebre biografia marconiana, racconta che in una piovosa e fredda sera del gennaio 1902 si presentò al piccolo albergo abitato dall’amico a Londra. Marconi lo accolse subito con immensa cordialità e gli disse: “Sono molto lieto di vederla, caro Solari, ho tante cose interessanti da raccontarle; ma prima di tutto debbo dirle che quel piccolo aggeggio, come io lo chiamavo, e cioè quel coherer a mercurio, che lei mi diede a Poole prima della mia partenza per  San Giovanni di Terranova, ha salvato la situazione. Senza tale sensibilissimo radioconduttore, non sarei probabilmente riuscito a ricevere neppure un punto con la mia improvvisata stazione ricevente. Tutti i miei apparecchi con coherer a polvere metallica sono rimasti insensibili, o, per meglio dire, essi erano influenzati dalle scariche atmosferiche, che rendevano impossibile definire con essi  i segnali provenienti da Poldhu. E, invece, con il suo piccolo aggeggio e con il metodo da lei mostratomi per impiegarlo, con il telefono e l’orecchio bene addestrato, ho potuto distinguere, in modo chiarissimo, i tre punti della lettera ‘S’, trasmessi con la caratteristica nota di Poldhu”.


Completato questo breve excursus storico, passiamo alla descrizione della nostra ricostruzione della stazione ricevente di San Giovanni di Terranova. Essa è stata riprodotta nelle sue linee essenziali ed è molto simile a quella di Marconi, che la escogitò come un apparato provvisorio da costruire al momento.

Condensatore variabile

La sua ossatura è costituita da un circuito amperometrico nel quale sono inseriti, in serie, le pile, il coherer a goccia di mercurio, il reostato, una lampadina e la cuffia ad alta impedenza. Ai capi del coherer esiste un altro circuito serie, formato da due bobine a nido d’ape e dal condensatore. Grazie a due coppie di morsetti rossi, un’estremità del detector è collegata all’antenna aerea, l’altra alla terra.


Le pile in numero di due, ciascuna di 1,5 V, sono contenute in una torretta in legno di rovere, la quale, sulla base della parte frontale, porta una leva di ottone che permette, con il suo spostamento, il prelievo di due tensioni: 1,5 V o 3 V. Il detector a goccia di mercurio è costituito dal solito tubetto di vetro, nel quale sono inseriti due cilindretti di carbone di storta, tra i quali è collocata la goccia di mercurio del diametro di circa 3 mm. Prima di essere immesso nel tubetto di vetro, il mercurio è stato arricchito di un velo di carbone, al fine di aumentarne la sensibilità.

Portabatterie

Il reostato è del tipo a manopola, la cui rotazione consente la regolazione della corrente a salti. La lampadina, a destra del condensatore variabile, permette con la sua variazione di  luminosità, di apprezzare grossolanamente la corrente del circuito principale. Per poter effettuare questa valutazione occorre aprire  il piccolo interruttore nero, disposto tra i morsetti rosso e nero, che sono quelli di inserzione della cuffia; in questo modo si cortocircuita il coherer, il quale, altrimenti, data la sua grandissima resistenza, non farebbe circolare la corrente; ad operazione effettuata si chiude l’interruttore. La cuffia è una normale cuffia telegrafica ad alta impedenza, circa 2.000 ohm.

Reostato

Il circuito d’accordo contiene le due bobine a nido d’ape, che hanno un buon fattore di qualità, e il condensatore variabile della capacità massima di 1.300 pF. Tale circuito, che entra in funzione solo con la captazione delle onde, essendo insensibile alla corrente continua delle pile per la presenza del condensatore, è molto importante perché consente di sintonizzarsi con la stazione trasmittente.

Bobina a nido d'ape

Occorre molta bravura nel regolare il coherer e anche orecchi sensibili e ben esercitati: doti che il giovane Guglielmo dimostrò di possedere a Signal Hill.



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