14 dicembre 2011

Spinterometro a disco rotante

Lo spinterometro a disco rotante è una geniale invenzione di Guglielmo Marconi risalente al 1904.

Com'è noto, lo spinterometro è uno scaricatore di elettricità. La sua costituzione primitiva era quella di due elettrodi, uno a forma di punta e l’altro a forma di disco, separati tra loro da un strato isolante, in genere aria. Più tardi comparve quello costituito da due sferette di ottone. Oggi sulle linee ad alta tensione si trovano installati scaricatori a forma di corna.


Nelle prime stazioni radiotelegafiche la funzione dello spinterometro, costituito da due sferette di ottone, era quella di permettere la scarica del condensatore o della batteria di condensatori inseriti nel circuito oscillante, consentendo così la generazione di correnti ad alta frequenza le quali erano poi convogliate all’antenna, dalla quale iniziava la produzione e l’irraggiamento delle onde elettromagnetiche.

La scarica avveniva con lo scoccare di una scintilla tra una sferetta e l’altra. Lo strato d’aria tra le due sferette, causa l’alta tensione ai loro estremi, si ionizzava, aumentando la sua conducibilità e impedendo alla scintilla di spegnersi rapidamente; questo comportava che le correnti oscillanti dell’aereo ritornavano nei condensatori, ritardando così la successiva carica degli stessi e diminuendo così il numero di scariche al secondo, con evidente perdita di potenza.

Aumentando il tempo di funzionamento del trasmettitore, il fenomeno si esaltava e la scintilla, lungo il suo percorso, anzichè concentrarsi lungo una linea sottile, si allargava lateralmente, ionizzando più aria. Inoltre gli elettrodi si riscaldavano e si aveva sviluppo di calore e di luce con ulteriori perdite di potenza.
 
Quando, per aumentare la distanza di trasmissione, fu necessario aumentare la potenza delle stazioni trasmittenti gli incovenienti descritti si accrebbero in misura preoccupante, tanto da non potere più essere tollerati. Furono così ìdeati spinterometri a scintilla frazionata, costituiti da una serie di dischi metallici separati tra loro da rondelle di mica. La tensione era applicata al primo e all’ultimo disco della serie; non scoccava più un’unica scintilla, ma più scintille tra due dischetti contigui, sottoposti ad una tensione minore; in tal modo lo spegnimento era più rapido. Per evitare l’allargamento laterale della scintilla e quindi per comprimerla furono disposti due potenti poli magnetici perpendicolarmente alla direzione della linea della scintilla. Fu ideato anche un sistema di raffreddamento mediante soffi di aria fredda sugli elettrodi.


Marconi, invece, ideò un nuovo spinterometro: quello a disco rotante. Un disco metallico, che presenta, sul suo perimetro, numerose sporgenze, diametralmente opposte, ruota tra due elettrodi fissi, anch’essi diametralmente opposti. Ogni qualvolta due sporgenze diametralmente opposte passano davanti agli elettrodi fissi scoccano due scintille. Poichè le sporgenze cambiano continuamente davanti agli elettrodi fissi, si ha un effetto di ventilazione che riduce l’effetto ionizzante e il riscaldamento degli elettrodi; anche lo spegnimento delle scintille è più rapido perchè la rotazione, dopo le scintille, allontana rapidamente le due sporgenze dagli elettrodi fissi per sostituirle con altre due. Infine migliora notevolmente anche l’effetto di compressione degli archi delle scintille.


Lo spinterometro a disco rotante era di due tipi: sincrono e asincrono.

In quello sincrono le scintille scoccavano esattamente quando la tensione alternata, che alimentava il trasformatore ad alta tensione, raggiungeva il picco positivo e il picco negativo. Pertanto con una frequenza di 50 hertz si generavano cento doppie scintilla al secondo, che si estinguevano anche con la stessa frequenza. Per realizzare tale sincronismo Marconi calettava il disco rotante direttamente sull’albero dell’alternatore, affinando poi il sistema con un opportuno sistema di fine regolazione. Se progettato e messo a punto con grande accuratezza, la scarica dei condensatori era improvvisa e rapida, consentendo così di trasferire all’antenna la massima potenza.

Nello spinterometro asincrono non c’era più sincronismo tra i picchi di tensione e le scariche dei condensatori; pertanto era anche più facile da gestire. Esso, in genere, funzionava ad una velocità più alta e anche il numero delle sporgenze era maggiore. In generale la frequenza della scarica dei condensatori era maggiore di quella della tensione alternata che alimentava il trasformatore. Si arrivava anche a 400 scariche al secondo ed ognuna di esse avveniva quasi sempre per un valore di tensione alternata inferiore a quella di picco; ma, comunque, il maggior numero di scariche permetteva di avere a disposizione, per le trasmissioni radiotelegrafiche, una notevole potenza.


L’introduzione dello spinterometro a disco rotante modificò anche la sintonia dei trasmettitori, la quale veniva così a dipendere anche dalla frequenza di scarica dei condensatori.

Variando la velocità di rotazione e il numero delle sporgenze, si variava anche la frequenza della scarica udibile nei ricevitori; questo abituò gli operatori a distinguere i diversi trasmettitori che operavano alla stessa frequenza, riconoscendo il ritmo della scarica dei condensatori, proprio come una nota musicale.


Lo spinterometro a disco rotante qui riprodotto è costituito da un disco di plexiglass del diametro di 155 mm, il quale porta fissate, in prossimita della periferia, ventiquattro punte metalliche ricavate da spezzoni di aste filettate di ottone del diametro di 4 mm; le punte sono sfasate angolarmente di 15° e quindi a due a due diametralmente opposte; inoltre esse sono tutte collegate elettricamente tra loro mediante due fili di ottone, i quali s’intrecciano lungo il percorso, disegnando una serie di x.

Il disco è calettato direttamente sull’albero di un motorino a 220 V, alloggiato sul retro su un castelletto di aste di legno di rovere, e la sua velocità può essere regolata da un reostato inserito in serie, disposto al centro, davanti al disco di plexiglass.


Davanti al disco sono collocati, in posizione orizzontale, due dischetti di ottone, ciascuno dei quali, mediante parti di aste filettate, pezzi speciali e dadi, tutto in ottone, è fissato a un supporto di vetro verticale, sostenuto da una basetta di legno di rovere, a sua volta, serrata sulla base dell’apperecchiatura con due perni e dadi di ottone.

Ciascun dischetto di ottone, al di là del collegamento al supporto di vetro, termina con una sferetta metallica di 30 mm di diametro, prima della quale sono disposti tre fili di colore rosso per il suo collegamento al connettore a tre morsetti, già descritto a proposito del trasformatore della stazione di Poldhu.


Dietro il disco rotante è disposto un secondo disco di plexiglass del diametro di 220 mm per proteggere maggiormente il motorino dall’alta tensione (9.000 V) dello spinterometro. I due dischetti fissi di ottone sono distanziati di circa 2 mm dalle punte di ottone del disco rotante, il quale può arrivare a una rotazione di circa 3.000 giri al minuto. Perciò lo spinterometro funziona nel modo asincrono, anche perchè è molto difficile stabilire e mantenere il sincronismo.


I due morsetti neri posti sul davanti servono per collegare il motorino alla tensione di rete (220 V). Aprendo l’interruttore a clip si accende la spia verde che segnala il passaggio della corrente.






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